“Le cose si gestiscono; le persone si guidano”
Grace Murray
Parafrasando l’aforisma di Grace, nella mia esperienza di CFO + ho maturato la convinzione che il personale non solo si amministra, ma si motiva. Come? Un primo passo può sicuramente essere l’applicazione di politiche di welfare aziendale.
Nel 2017, la Gallup ha rilevato che le aziende impegnate in politiche di benessere a vantaggio dei propri dipendenti hanno raggiunto mediamente i seguenti risultati:
- + 21% produttività;
- + 22% redditività;
- + 21% soddisfazione clienti;
- – 37% assenteismo;
- – 65% turn over.
Tuttavia le politiche di welfare hanno due limiti importanti.
I limiti delle politiche di welfare aziendale
1. Vengono adottate principalmente in imprese di medie e grandi dimensioni e molto più raramente dalle imprese di piccole dimensioni.
Come noto, il tessuto economico italiano è fatto per lo più da piccole imprese.
Si consideri che le PMI in Italia sono 148.531. Di queste, 123.495 sono piccole imprese.
Diventa importante quindi trovare soluzioni che siano praticabili anche per le piccole imprese, tenendo ben presente il modo in cui organizzano la gestione del personale.
2. Spesso le politiche di welfare non hanno effetti a lungo termine.
Si è constatato che le politiche di welfare aziendale spesso vengono percepite come diritti acquisiti che contribuiscono sicuramente a migliorare le relazioni con il dipendente e la sua produttività, ma per lo più nel breve termine.
L’organizzazione del personale nelle piccole imprese
Normalmente nelle imprese di piccole dimensioni la voce “personale” è di competenza dell’amministrazione.
Ci sono infatti imprese che sono cresciute in termini di fatturato e dimensioni, superando anche i cento dipendenti, dove il ruolo di responsabile del personale è ancora detenuto da chi si è sempre occupato dell’amministrazione.
Spesso il responsabile amministrativo si appoggia a consulenti del lavoro per gli adempimenti connessi alle assunzioni, ai licenziamenti, e all’elaborazione delle paghe.
La gestione del dipendente è basata su rapporti tendenzialmente estemporanei senza una qualche strutturazione in termini di gestione ma soprattutto di motivazione a lungo termine delle risorse umane.
Motivazione del personale a breve o lungo termine
Rilevazioni sul campo hanno dimostrato che, più che prevedere fringe benefit e premi, è il miglioramento dell’atmosfera sul posto di lavoro che aumenta la soddisfazione del dipendente e per questa via il suo essere parte attiva nella produttività aziendale.
Jurgen Appelo nel suo illuminato libro “Managing for Happiness” sostiene che la motivazione estrinseca (l’aspettativa di un incentivo) uccide la motivazione intrinseca. Viene definito “overjustification effect” (effetto di giustificazione eccessiva): invece di aspettarsi e provare una sensazione di soddisfazione ci si aspetta una ricompensa (cfr. Kohn “Punished by rewards”)
I premi che stimolano la motivazione interna sono pertanto sicuramente da preferire in quanto più efficaci, sostenibili e in genere meno costosi per l’azienda. L’ho appreso proprio grazie al percorso formativo che mi ha permesso di diventare una CHO.
Cosa può fare un CHO in outsourcing per le piccole imprese
La scienza della felicità e il percorso di certificazione in CHO mi ha fatto capire quanto sia importante investire nelle persone, nel capitale umano che fa spesso la differenza nel successo di un’impresa.
Anche per questo la crescita di una figura attenta al capitale umano è sempre più consigliabile, non tanto per acquisire competenze tecniche per orientarsi nella giungla delle norme relative al personale, quanto sulle competenze soft, di relazione e un approccio positivo. Queste ultime, infatti, sono la chiave per rendere il capitale umano una chiave di successo difficilmente imitabile in imprese concorrenti.
Questo tipo di competenze può essere acquisito con l’affiancamento da parte di un CHO delle persone che si occupano di personale in azienda.
Un CHO può contribuire a impostare una cultura organizzativa aziendale che introduca strumenti di welfare allineati con i principi delle organizzazioni positive. Strumenti che siano al contempo virtuosi in termini di motivazione e di produttività nel medio-lungo temine, approfittando delle esperienze sul campo di decenni nelle grandi imprese e andando a scegliere quelle più efficaci, sostenibili e in genere meno costose per l’azienda.
Ora qualcuno potrebbe obiettare che la figura del CHO è ancor più elitaria dei piani di welfare e che solo aziende di grandi dimensioni possono permettersi di avere un manager che si occupa del benessere e quindi del livello di soddisfazione e motivazione del personale.
In realtà non è necessario assumere un CHO, è possibile intraprendere un percorso per diventare un’organizzazione positiva avvalendosi di un CHO in outsourcing.
Se vuoi saperne di più, contattami.